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martedì 24 agosto 2010

Lettura consigliata

"Le quaranta porte" di ELIF SHAFAK - Delicatezza e riflessione, amore e fantasia, ricerca dell'essenza della vita. Un romanzo meritevole di lettura, rimane un piacevole senso di ricchezza interiore

giovedì 12 agosto 2010

"Un nuovo approccio al bene primario e irrinunciabile che è il Lavoro ..."

Il titolo l'ho estrapolato dalla lettera di Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata Federauto, inviata al quotidiano La Repubblica e da questo ieri pubblicata. La lettura della missiva  del presidente Pavan Bernacchi ha suscitato in me lo stimolo per alcune riflessioni. Qualche considerazione del presidente è condivisibile ma, purtroppo,  totalmente assente nella sua analisi, è la parte pregnante del sistema: la persona. 
Se il nuovo approccio al lavoro deve essere una rinnovata ed esasperata oppressione e limitazione dei diritti dei  lavoratori del settore (mai remunerati  abbastanza!) , non credo si proceda nella direzione giusta e dunque,  ben vengano i "no" di quel sindacato tanto inviso ai vari Marchionne. 
Chi conosce le realtà produttive, conosce pure gli industriali e questi, nella maggioranza dei casi,  non sono persone dotate di una spiccata propensione all'ascolto di ciò che non concerne il profitto.  In  alcune  aziende è difficile far rispettare il contratto nazionale di lavoro, anche questo sempre più vituperato e  ritenuto la  causa principale di ostacolo alla produttività, semplicemente perchè dispone delle regole. Lo status di lavoratore non è sempre facile come vogliono farci credere. Ci sono casi di rapporti di lavoro ai limiti della legalità (contratti con paga globale); l'esistenza delle attuali  regole presuppone comportamenti passati che hanno determinato la necessità di normare i rapporti di lavoro.
A quelli della mia generazione hanno insegnato che le regole ed il rispetto delle stesse sono fondamentali per il vivere civile. 
 E' vero che nei Paesi dell'Est europeo accolgono gli imprenditori a braccia aperte e per il momento sono disposti ad accettare tutto, pure a dare incentivi alle aziende che investono nei loro territori. Anche li, prima o poi ci sarà la necessità di legiferare in merito a salari, orari e condizioni ambientali: non penseranno di aver a che fare con popoli inferiori, spero,  ai quali propinare la vecchia teoria di Adam Smith del salario a livello di sussistenza.
Chissà se fra questi grandi pontificatori c'è qualcuno disposto, magari in incognito, a farsi assumere in una realtà produttiva, così, tanto per capire meglio gli operai e la loro condizione invece di rovesciargli addosso pure le  responsabilità che non hanno. Conoscere e toccare con mano il sistema. Simone Weil lo ha fatto, la prendano ad esempio. Tra l'altro è sconcertante quanto la realtà vissuta nel 1934 dalla Weil, non sia molto dissimile da quella attuale,  nonostante il progresso tecnologico. Ci si aspetterebbe qualche idea innovativa da questi grandi cocomeri, magari ... non so ... poter diventare azionisti delle aziende per le quali si lavora.
Mi è difficile intravedere in questo panorama "un nuovo approccio al bene primario e irrinunciabile che è il lavoro". Di nuovo non c'è proprio nulla, sono situazioni già vissute, note e molto datate. 


Lu.Ca